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MESSINA. “Che ne sarà di loro? Radiografia di un salto nel buio” (Parte seconda)

Avevamo lasciato i proverbi nella prima parte, li riprendiamo adesso, ad esempio: “tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino”. Si, perchè, a quanto sembra, ad un certo punto la proprietà si è  accorta che qualcosa non andava, visti i risultati  del campo (e, probabilmente, i costi), arrivati dopo l’operazione “repulisti” avviata in estate. A quel punto, la proprietà ha iniziato a cercare una soluzione, magari facendo un passo indietro. Di fatti, il richiamo a Messina di mister Novelli era sembrata la soluzione più logica ma “non tutte le ciambelle riescono col buco”, qualcosa non è andata per il verso giusto ed, allora, un nuovo tentativo per evitare che la nave affondasse, cercando di evitare la retrocessione. E qui, bisogna dare atto anche a chi ha operato, qualcuno “nel buio”, senza prendersi meriti, ed è riuscito a dare una mano concreta per salvare il Messina, ma questa è un’altra storia.

Tanti,  primi  fra tutti chi conosce il calcio, insomma, chi mastica di pallone, erano consapevoli che la squadra dello scorso anno non andava smembrata in toto. Molti sanno, o hanno intuito, che il loro allontanamento è stato orchestrato in maniera scientifica, così da far ricadere su di loro l’irriconoscènza della piazza, facendo credere di far richiesta di contratti troppo onerosi. “Ha bel mentir chi vien da lontano”. Favorendo così chi, invece, è arrivato a vestire una maglia storica non avendo nel cuore quei colori ma dandogli, altresì, la possibilità di strappare un contratto forse al di là delle loro reali potenzialità tecniche.

Così, ancora oggi, tra loro c’è chi festeggia per una salvezza ottenuta non solo per meriti propri (ove ce ne fossero) e, quindi, sarebbe bene spiegare a questi signori che sono ben altri i giocatori che resteranno nella storia di questa città per le loro imprese, anche le più umili, non certo loro.

Perché, come ha spiegato uno di quei “grandi giocatori del passato” che ha vestito la maglia biancoscudata con i bordini giallorossi: “ai nostri tempi, con una salvezza ottenuta con due giornate d’anticipo, qualcuno dei miei compagni scappò di notte per l’umiliazione. Ecco perché dico che, piuttosto che festeggiare, con una salvezza come quella di quest’anno, noi saremmo andati via di notte con un pullman con i vetri oscurati per quanto ci saremmo vergognati”. Ed a chi, ancora, pensasse che “quello era un altro calcio”, risponderemmo “è sempre lo stesso gioco, il calcio”. “Chi dà ghiande non può riavere confetti.”

Intanto, partiamo dal settore tecnico.“Chi lascia la via vecchia per la nuova sa quel che lascia ma non sa quel che trova.” Lo stimato capitano Sasà Sullo diede inizio al nuovo travagliato percorso, pur capendo sin dal principio, di essere un pò “lo specchietto per le allodole”.  Questo, con buona probabilità, ne ha inficiato le scelte, costringendolo ad ‘accontentarsi’, per amore della piazza, del materiale messogli a disposizione (squadra incompleta e giocatori di seconda scelta). Il secondo arrivato, invece, più propenso allo spettacolo mediatico che alla sostanza, aveva il suo momento di gloria ma di breve durata. Mentre, il suo sostituto diventava, così, un rimedio gratuito alle malefatte. Chi ha lavorato con Lucarelli, Vanigli e Di Muro o con Novelli, Ciardiello, Limoni e Russo, senza volerne decantarne la bravura, sa che, per il lavoro visto fare durante gli allenamenti, non basterebbe  etichettarli come grandi professionisti. “Chi bene semina, bene raccoglie.”

Passiamo, ora, agli aspetti tecnici ed alla rosa messa a disposizione degli allenatori che si sono succeduti sulla panchina giallorossa. Premesso che un discorso a parte andrebbe fatto sui giovani. Questo perchè nel nugolo di giovani di belle speranze possono, comunque, trovarsi quelli già pronti ad essere inseriti in un gruppo già rodato, quanto altri che cresceranno nel corso del campionato. Quindi, elementi come Caruso, Marginean, Trasciani, tanto per fare qualche esempio, o Adorante e Busatto, elementi quest’ultimi che erano stati già contattati (come pure l’esperto Peppe Rizzo) e segnalati al presidente dal Ds D’Eboli, a luglio scorso, dopo la promozione, avrebbero potuto trovare ugualmente spazio in un diverso Messina.

“Ci vuole altro che un’accozzaglia di gente per fare un esercito.” Ma andiamo ai singoli atleti, quelli che sarebbero dovuti essere l’ossatura del “nuovo” Messina 2021/2022 o se preferite il gruppo per settore: difesa, centrocampo, attacco. Il Messina, in linea di massima, con i vari tecnici, ha adottato svariati moduli che, però, potremmo sintetizzare nei due principali: 3-4-3 e 4-3-3. Moduli che hanno necessariamente bisogno di esterni bassi ed alti con propensione alla corsa ed al sacrificio e, soprattutto per quelli d’attacco, capacità di saltare il proprio avversario creando superiorità numerica, sfornando assist, oltre ad avere una buona propensione al gol. Per esempio, non andando lontano nel tempo, basti ricordare i Bollino, Addessi, Arcidiacono, Cunzi, Oggiano (unico, poco utilizzato, a non essere andato in gol). E se qualcuno ritenesse, ancora oggi, questi giocatori non adatti alla serie C, viene incontro quest’altro proverbio “anche l’abate fu prima frate.”

Partiamo, perciò, dalla difesa. Quella del Messina è stata tra le più battute. Un portiere che malauguratamente non è riuscito ad imprimere sicurezza al reparto. Lo stesso reparto, di per sé, tecnicamente e tatticamente mediocre, nonostante il cambio tattico passando da tre a quattro difensori. Scarsa predisposizione tattica, svariati errori tecnici personali, non riconducibili alla categoria, e senza un leader che sapesse prenderne le redini (gli adulti ricorderanno come il Messina di Scoglio potesse vantare un leader per reparto Bellopede-Catalano-Caccia). Sono state molteplici le coppie centrali scese in campo e poche le volte in cui il livello ha raggiunto la sufficienza. Discorso ancor più pericoloso se fatto per gli esterni, raramente di ruolo, quindi con ampie lacune, sia in fase di copertura che in quella di proposizione. Modesta, poi, la costruzione dal basso, non avendo in campo un giocatore alla Sabatino che riuscisse ad uscire a testa alta dalla propria area.

Note altrettanto dolenti a centrocampo dove, forse, sono state sopravvalutate le caratteristiche di alcuni giocatori. Al fin dei conti, solo Rizzo e Fofana si sono distinti. Il primo con la sua esperienza e sagacia tattica ha dovuto, talvolta, interpretare ruoli non suoi, tirando la carretta anche per gli altri. Mentre Fofana, nella seconda parte del campionato, si è reso protagonista prima come assist-man, poi come instancabile cursore.

Infine l’attacco, detto in precedenza dei giovani, l’equilibrio e l’esperienza degli ultimi arrivati, Piovaccari tra tutti, oltre l’eccezione delle prestazioni di Russo nell’ultimo periodo, hanno dato maggiore peso, tenendo presente che, mancando un apporto continuo dal centrocampo e dagli esterni, soprattutto nella seconda parte di campionato, ci si è affidati all’unica arma disponibile, quella del contropiede. Infatti, ogni qual volta il Messina ha avuto a propria disposizione il possesso palla, difficilmente è riuscito ad organizzare azioni manovrate ed a dar fastidio a difese e portieri avversari, se non in rare occasioni. In altre parole, è evidente che (rivolto esclusivamente ai giocatori) “non si possono fare le nozze con i fichi secchi”.

Rimangono, al momento senza alcuna risposta, le domande: Chi si farà carico dei tanti contratti biennali, alcuni onerosi, di quei giocatori che hanno totalmente deluso le aspettative? Che ne sarà di loro?

In definitiva, i continui errori tecnici dei singoli, le poche variazioni tattiche, la mancanza di carattere in un gruppo mai coeso, hanno rischiato di vanificare quanto di buono era stato costruito con sacrifici nei travagliati e pandemici dieci mesi precedenti conclusi con un’emozionante ed esaltante promozione.

Oggi, a quasi un mese dalla fine delle ostilità, la speranza della città, dei tifosi tutti, è che si impari dagli errori e che il prossimo campionato sia quello della conferma che Messina è tornata. Evitando, intanto, quanto accaduto solo pochi anni fa con l’avvento di un presidente che ha partorito una mancata iscrizione alla Serie C o, successivamente, quando è stato portato in città quell’altro “imprenditore” capace solo di creare un’insanabile spaccatura all’interno di una tifoseria già falcidiata da anni di continue delusioni.

(Cit. La fallacia dell’inversione della prova, è quando cerchi di far dare all’altro la dimostrazione di una cosa in cui tu dovresti portare la prova).

 

MESSINA. “Che ne sarà di noi? Radiografia di un salto nel buio” (Parte Prima)