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Il bello del calcio | Il figlio del capo scorta di Giovanni Falcone scrive a Pietro Jr Santapaola

Giovanni Montinaro, figlio di Antonio Montinaro, caposcorta del giudice Giovanni Falcone e medaglia d’oro al valor civile che morì nell’attentato del 23 Maggio 1992, ha scritto una toccante lettera a Pietro Santapaola, giovane licenziato prima e poi reintegrato dal Cosenza Calcio per un cognome  un po’ troppo ingombrante.

Caro Pietro, noi non ci conosciamo, mi sembra doveroso presentarmi: io sono Giovanni Montinaro, unico mio merito è essere figlio di mio padre, Antonio Montinaro, capo scorta del Dott. Falcone, morto il 23 maggio 92 con l’illustre giudice. Dico unico mio merito perché è stato il destino a farmi nascere in questa famiglia, è stato il destino a farmi avere questa grande responsabilità, questa grande fortuna: sì, fortuna, perché io mi reputo fortunato a essere un orfano di quella strage, è il prezzo da pagare quando si ha un padre “enorme”, e devo dire sinceramente che pago il prezzo volentieri, perché mio padre vorrebbe così. Lui era molto orgoglioso del suo lavoro, conosceva il rischio, accettava il rischio: chi sono io per non condividere la sua scelta? Solo i codardi non comprendono il coraggio. Mi è dispiaciuto molto sapere ciò che hai passato negli ultimi giorni, venire emarginato per un cognome: alla fine il destino ti ha fatto nascere in quella famiglia, lo stesso destino che ha fatto nascere me nella mia e come io devo avvicinarmi al percorso di mio padre per essere degno del mio cognome, tu devi allontanarti dal percorso dei tuoi famigliari che hanno scelto di vivere una vita scellerata per ripulire il tuo di cognome, cosi da poter dire un giorno ai tuoi figli che possono camminare a testa alta, perché tu li hai liberati da quella vergogna con le tue scelte, con il tuo percorso. Mi è dispiaciuto vedere “piccoli” giornalisti farti domande imbarazzanti, pretendere che tu debba sapere. A questo punto si dovrebbe pretendere la stessa conoscenza da coloro che ti hanno ingaggiato perché, parliamoci chiaramente, il tuo è un cognome pesante con o senza condanne, ma io sono stato abituato ed educato a vedere il bene, in te ho visto questo, mi importa ben poco che tu non sappia certe vicende della nostra terra e io ho più diritto di loro a reputarmi offeso, ma non è così. Io vedo un ragazzo che vuole fare sport. Ricordo che anni fa intitolarono un campo sportivo a mio padre in una zona non troppo semplice di Lecce: dissi a cuor leggero che la vera vittoria non era quella intitolazione, la vera vittoria era sapere che persone senza alternativa magari avrebbero trovato una via d’uscita da certe realtà proprio grazie al campo “Montinaro”. Tu hai fatto proprio questo: invogliato dalla passione per lo sport hai automaticamente preso le distanze da certi tuoi famigliari. Mi vien da ridere a vedere un giornalista chiedere a tuo padre cosa ne pensa della mafia, come se fosse questo vincere: vinceremo quando i figli dei criminali faranno come te, andranno avanti cercando nella loro quotidianità di ripulire il proprio cognome. Io, da parte mia, devo fare l’esatto contrario: cercare nel quotidiano con le scelte giuste di onorare mio padre e il mio di cognome, perché come io sono Montinaro per destino e devo meritarmi questo privilegio, tu sei Santapaola per destino e devi fare il possibile per prendere le distanze da certe realtà. È stato facile prendersela con te, un ragazzo. Sappi che negli anni ’90 eravamo noi gli emarginati, i giudici che tu devi conoscere erano sbeffeggiati, figure come mio padre criticate perché definite non necessarie: quando morirono cambiarono tutti idea, i giudici diventarono illustri, mio padre indispensabile. Che persone “piccole” esistono al mondo.
È troppo facile essere potente coi deboli per finire a essere deboli coi potenti, e ti voglio dire di più, le stesse persone che tu non conosci, oggi se fossero vive sarebbero dalla tua parte, non avrebbero mai condiviso che tu fossi emarginato, perché solo i vili si accaniscono sulle famiglie dei vinti. I nostri eroi, mio padre, penserebbero che cacciarti da una squadra significa avvicinarti a quel mondo criminale che per te ad oggi è molto lontano. Un umile consiglio: rimedia a queste mancanze. Sarai per sempre un Santapaola, troverai sempre chi vorrà metterti in imbarazzo, ma io ho preso molto da mio padre. Tra le tante cose, ho ereditato l’abitudine a non farmi i fatti miei, l’abitudine a schierarmi con chi è dalla parte giusta, perciò continua così. Fin quando sarai nella parte giusta della barricata troverai in me un sincero amico. Mi auguro per la squadra e per la Nazione tutta che tu venga nuovamente inserito in squadra, perché la vera vittoria è questa, vedere il sangue dei Santapaola e non voler avere niente a che fare con la mafia.
Mi auguro di poterti veder giocare un giorno, mi augurio di poterti stringere la mano, perché sono le persone come te e come me che devono dimostrare al mondo che la Sicilia non è solo mafia. Nel mentre ti invio un caro e sincero saluto, augurandomi che tu possa realizzare il tuo sogno”