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BASKET – CLAUDIO CAVALIERI: “Il mio pianeta felice” ( Intervista)

Intervista a Coach Claudio Cavalieri 

 

Un uomo che non ha più bisogno di presentazioni: tanti anni da giocatore, una carriera costruita con cuore e talento, e poi il passaggio “dall’altra parte”, in panchina, dove ha trovato la sua vera vocazione. Claudio Cavalieri ha sempre avuto un rapporto straordinario con i giovani e ha fatto del lavoro quotidiano in palestra la sua bandiera

Coach Cavalieri, hai cominciato questa nuova avventura a Barcellona come responsabile tecnico del settore giovanile. Com’è nata questa opportunità?

“Questa opportunità nasce dopo l’ottimo lavoro fatto con la Fortitudo e dopo l’anno in cui ho deciso di mettermi in gioco, prima di tutto per dimostrare a me stesso che quello che avevamo costruito lì era qualcosa di straordinario. Sentivo però che per crescere dovevo uscire dalla mia “comfort zone”. Così ho accettato la sfida Castanea in B2: budget limitato, ma obiettivo salvezza centrato con largo anticipo. Un grande risultato.

Le proposte sono arrivate, ma molte oggi si basano su un’“onda” che non produce nulla di utile al sistema e spesso va contro la logica sportiva. L’offerta di Or.Sa. Barcellona, invece, era strutturata, avvincente e soprattutto con alle spalle una società organizzata. E vi assicuro: questo fa tutta la differenza del mondo”.

Come vedi questo campionato di Serie B? E che effetto ti fa vedere tanti giocatori lanciati da voi in Fortitudo protagonisti del mercato?

“La Serie B sta diventando sempre più equilibrata e di alto livello. Mi fa enormemente piacere vedere tanti giocatori cresciuti in Fortitudo al centro del mercato: significa che le scelte fatte negli anni sono state giuste, frutto di un lavoro di squadra attento e condiviso. Per noi è motivo d’orgoglio sapere di aver dato al basket italiano ragazzi che oggi sono “giocatori da mercato”. Questo dimostra che le idee erano chiare e soprattutto efficaci”.

Coach, come valuti i campionati di Serie C e Serie D in Sicilia e il lavoro della FIP alle nostre latitudini?

Domanda non semplice. Parto dal dire che la FIP sta facendo un grande lavoro nelle nostre zone, con tutte le difficoltà del caso. L’aumento delle squadre e delle eccellenze, anche nel femminile, è un segnale importante. Credo però che la Federazione nazionale debba accorgersi che in Sicilia le difficoltà logistiche e di strutture sono enormi. Sono sicuro che la nostra presidente saprà farsi sentire per portare avanti questa battaglia.

Sulla Serie C e D: oggi sono campionati a “libera partecipazione”, che dovrebbero avere come missione principale la crescita dei giovani, soprattutto siciliani. Dovrebbero essere campionati dove i ragazzi abbiano il diritto di sbagliare e la possibilità di emergere. Invece si punta ancora troppo spesso su stranieri o veterani, e così i giovani restano indietro.

Faccio un esempio concreto: pensate se ragazzi come Iannicelli, Marinelli, Yeyap, Cavalieri, Giannullo, Mollica, Nikoci, Di Nezza, Incitti, Tagliano, Giovani, Terzi, Kader (e tanti altri che scordo adesso), non avessero esordito giovanissimi con noi in Fortitudo o con me al Castanea e anche Roberto, Angarica ,Natalini , Cassano , Boccasavia …senza voler spendere parole sul capitano di tante stagioni Bellomo (oggi ateta di alte categorie). Dove sarebbero oggi?  Quelle esperienze li hanno formati.

Per questo credo che queste categorie vadano vissute con una regola chiara: devono essere la palestra dei giovani”.

Che idea ti sei fatto dell’amministrazione comunale di Messina sul fronte sportivo?

Domanda difficile… Ogni amministrazione eredita problemi e dà la colpa alla precedente. Detto questo, credo che questa stia cercando di fare il possibile per aiutare lo sport a Messina. Ho avuto diversi incontri e spero ce ne saranno altri. L’idea che mi sono fatto è che abbiano capito quanto sia importante lo sport come alternativa alla strada e la volontà di aiutarci in tutto e per tutto come aiutano il calcio.

Non è facile per le società andare avanti, ma resto fiducioso che sindaco e assessori continueranno a supportarci. Lo sport qui non è solo competizione: è un modo per dare ai ragazzi motivi per crescere, per posare il cellulare e non perdersi in giro.

Il calcio resta sempre lo sport dominante in Italia. Che ne pensi?

Mi viene da ridere. Un mio grande allenatore diceva: “Non parlo di sport minori”. Ma purtroppo il calcio è il traino di questa nazione. Basta pensare alla pandemia: si è fermato tutto, tranne il calcio. Questo la dice lunga sul suo peso economico di questa disciplina.

Lo dico con un po’ di amarezza, perché vorrei che anche altri sport avessero più spazio. A Messina, ad esempio, ci sono società di basket come Basket School, Castanea, Barcellona, Milazzo e Capo d’Orlando, tutte realtà vive e importanti nei campionati Senior . Nella pallavolo l’Akademia Sant’Anna sta facendo un lavoro straordinario e quasi “Unico”.

Il calcio è importante, ma non esiste solo il calcio. Spero che i tifosi possano tornare a gioire anche per la squadra di Messina, che merita di stare dove la città sogna e dove io ho avuto nei tempi d’oro ( giocavo in serie A) la fortuna di vedere la grandissima scalata dalla serie C alla A e sentirmi anche io, visti i buoni legami con i giocatori del tempo, parte di quel sogno. Messina merita di più in tutti gli sport.

Cosa ti aspetta a Barcellona?

Mi aspetta tanto lavoro, gioie e dolori: lo sport è questo. Mi aspetto ragazzi motivati, desiderosi di fare un salto di qualità. Ho trovato una società organizzata, collaborativa, con tanta voglia di crescere. Non mi succedeva da anni di sentire così tanto entusiasmo: sono carico a molla e pronto a dare la mia energia”.

E la Fortitudo?

“La Fortitudo è nata dall’amicizia, e continuerà a vivere con piccoli cambiamenti, sempre con l’obiettivo di dare spazio ai giovani. Quest’anno sarà sotto la supervisione di coach Mangio, tecnico preparatissimo, e punteremo tantissimo sulle annate dal 2011 al 2016 . È un percorso che non si ferma: Messina resta un punto di crescita sempre con la mia presenza e dei nostri dirigenti , Barcellona diventa un valore aggiunto”.

Un nome: Giuseppe Trimarchi, classe 2010 ( ora a Bologna). Cosa ci puoi dire di lui e di altri giovani?

Giuseppe è un pezzo di cuore. Orgogliosi che, come i ragazzi del 2000, 2001, 2003 e 2004, abbia avuto la sua occasione. Questa è la nostra filosofia: dare opportunità. Peppe ha determinazione e talento fisico: pochissimi rivali alla sua età.

Con la HP Basket Bologna abbiamo costruito un rapporto che sarà un’occasione enorme per lui. Avevamo programmato degli obiettivi e li abbiamo raggiunti. Il nostro segreto? Non esistono segreti: se i ragazzi hanno voglia e talento, noi ci siamo, sempre. Anche nei giorni festivi.

Questa mentalità la porterò anche a Barcellona, dove trovo una società che ha già fatto tanto per i giovani e il territorio con l’unica differenza che Barcellona  oggi diventa un punto di arrivo e non ci sarà bisogno di scappare via dalla Sicilia per raggiungere i nostri obbiettivi di crescita”.

Ultima domanda, non poteva mancare: come vedi la Nazionale Italiana e il “ Gallo si o Gallinari no ”?

Ti ringrazio, domanda impegnativa. Per me Gallinari è sempre sì. Per talento, per attaccamento alla maglia, per la consapevolezza che ha oggi. Vorrei non sentire più discorsi che offendono chi ama davvero questo sport.

La Nazionale è pronta a una grande avventura. Vedo un gruppo solido, difensivamente concreto. Ricordiamoci: abbiamo vinto quando nessuno pensava che De Pol potesse portare palla, e lo abbiamo fatto grazie all’unione del gruppo e dello staff.

E se anche le cose non dovessero andare bene, io vedo tanti giovani di talento pronti a crescere e fare la differenza. Abbiamo stupito con le Nazionali giovanili, e questo conferma che dare spazio ai ragazzi non è una follia. Serve coraggio, sì, ma anche pazienza.

Perché tutti i grandi – da Myers a Esposito, da Boni a Galanda, fino a Pozzecco – sono diventati “grandi” perché qualcuno ha creduto in loro e ha dato loro minuti . Ecco, il messaggio è questo: fiducia nei giovani e pazienza alle società.