Italia vs Europa: perché gli stadi di proprietà fanno la differenza
L’inchiesta della procura di Milano sugli ultras delle curve di Inter e Milan, e su come i capi delle due tifoserie più estreme del calcio milanese abbiano trasformato gli appuntamenti sportivi in una macchina da soldi, ha acceso i riflettori sugli stadi e su quanto le società sportive guadagnano effettivamente dalle strutture di gioco durante i giorni delle partite.
Le indagini giudiziarie hanno scoperchiato un traffico di affari che dalle curve si estende sino alla rivendita dei biglietti, alla gestione dei parcheggi, all’allestimento delle postazioni di vendita di gadget, birre e panini al di fuori dello stadio San Siro. Una vera e propria struttura organizzativa simile a quella di un’azienda, che è ancora al vaglio degli inquirenti per quanto riguarda dettagli e flussi ma che pone, in maniera collaterale, la questione dei ricavi degli stadi.
La situazione degli stadi di calcio di proprietà in Italia
Le carte della magistratura, infatti, sollevano una riflessione centrale in merito all’importanza di analizzare in maniera più attenta e approfondita come funzionano dal punto di vista commerciale gli stadi di calcio italiani, quali fatturati muovono, quanto incassano da biglietti, food, beverage, attività correlate, quanto costa gestirli. E poi inducono a effettuare una comparazione con gli stadi stranieri di calcio e con gli stadi e le arene, italiane ed estere, di altri sport, per capire a che punto è il calcio quando si parla di ricavi direttamente legati all’evento sportivo e non connessi ai diritti tv e alle sponsorizzazioni.
Dei 129 stadi censiti e nei quali giocano le società italiane che gravitano nelle prime tre serie, A, B, C, del calcio professionistico italiano, più il Campionato Nazionale Dilettanti, soltanto 7 impianti sono di proprietà dei club: Allianz Stadium, Juventus; Mapei Stadium, Sassuolo; Bluenergy Stadium, Udinese; Gewiss Stadium, Atalanta; Giovanni Zini, Cremonese; Benito Stirpe, Frosinone; AlbinoLeffe Stadium, Albino Leffe. Se restringiamo poi il campo alla sola Serie A, il quadro è ancora più desolante, con appena tre squadre su venti con un impianto proprio.
Proprietà degli stadi: Serie A vs Leghe Top Europee
Il confronto con Germania e Inghilterra è assolutamente impietoso. Tenendo come riferimento solo i campionati maggiori, dunque Serie A, Bundesliga e Premier League, mentre in Italia, come abbiamo appena visto, solo tre squadre su venti giocano in uno stadio di proprietà, sono addirittura quattordici su diciotto nel campionato tedesco (Mainz, Eintracht Francorforte, Heidenheim e Friburgo le uniche a non avere un impianto di proprietà) e sedici su venti in quello britannico (Manchester City, West Ham, Brighton e Newcastle giocano in stadi rinnovati ma di proprietà delle municipalità).
La situazione è leggermente più bilanciata guardando alla Liga spagnola, dove sono però comunque nove su venti le squadre con uno stadio di proprietà. In Francia, infine, la situazione è invece molto più simile a quella italiana, con due soli club, Lille e Auxerre, fra i diciotto di Ligue 1, a giocare in uno stadio proprio.
Premier League (Inghilterra) | 14 milioni 650.000 | 894 milioni di euro | 14% |
La Liga (Spagna) | 11 milioni 040.000 | 432 milioni di euro | 13% |
Ligue 1 (Francia) | 8 milioni 187.000 | 355 milioni di euro | 18% |
Bundesliga (Germania) | 12 milioni 089.000 | 311 milioni di euro | 9% |
Serie A (Italia) | 11 milioni 748.000 | 218 milioni di euro | 9% |
Attenzione però, perché se è vero che la Francia, in quanto a proprietà degli impianti, è allo stesso livello dell’Italia, lo stato strutturale degli stadi transalpini è però decisamente molto migliore di quelli italiani. In Francia, infatti, negli ultimi otto anni si sono organizzati quattro eventi molto importanti: Europei 2016 di calcio, Mondiali femminili 2019 di calcio, Mondiali di rugby 2023, Olimpiadi 2024. Senza dimenticare che nel 1998 c’erano stati i Mondiali maschili di calcio, mentre l’ultimo evento di grande portata organizzato nel nostro paese risale ormai a quasi 40 anni fa, vale a dire al 1990, quando si tennero i campionati del mondo di calcio.
Si tratta di manifestazioni, quelle tenute in Francia, che hanno portato benefici enormi dal punto di vista infrastrutturale, con numerosi stadi costruiti di sana pianta e innumerevoli interventi di ammodernamento e ristrutturazione, di cui hanno beneficiato, solo per citare alcuni impianti, gli stadi di Lille, Lione, Marsiglia, Bordeaux, Nizza.
I ricavi dei matchday in Italia
Tutti questi elementi creano una differenza enorme nei ricavi dei club, che è possibile vedere già a partire dalla comparazione fra i fatturati generati dai tre stadi italiani di proprietà dei club in Serie A e tutti gli altri.
Prendiamo l’esempio dell’Allianz Stadium Juventus, il primo stadio italiano di proprietà (se escludiamo il Giglio di Reggio Emilia, poi diventato Mapei Stadium e casa del Sassuolo) sul modello dei grandi impianti europei. Tenendo come riferimento il 2023/2024, vediamo come la società bianconera abbia registrato ricavi diretti dallo stadio intorno ai 60 milioni di euro, dunque sulla carta inferiori a quelli di Inter e Milan.
Ci sono però da considerare tre aspetti molto importanti. Il primo riguarda ulteriori 18 milioni di euro che non vengono conteggiati come “matchday”, dunque come flussi direttamente legati al giorno della partita, ma che arrivano però dall’investimento sull’impianto: 7 milioni di euro dallo JHotel e 11 milioni di euro dal museo della Juventus e dai tour organizzati.
Inoltre, è vero che sui ricavi da matchday si è lontani circa 15 e 20 milioni da Milan e Inter, ma non si può non calcolare che mentre le due milanesi scrivono a bilancio, rispettivamente, cifre intorni ai 72 e 79 milioni di euro incassate dai matchday, la proporzione fra ricavi e spettatori è fortemente sbilanciata a favore dei bianconeri.
La Juventus infatti porta a casa dai matchday circa 60 milioni di euro (cui aggiungere, ricordiamolo, ulteriori 18 milioni), terza in Italia, nonostante una media di 39.000 spettatori a partita e una capienza massima dell’impianto di 41.500 posti. Inter e Milan invece ricavano il 20% in più, ma a fronte di un numero medio di spettatori più alto di oltre l’80% rispetto alla Juventus: 72.000 a partita.
Lo stacco è insomma evidente e diventa ancora più importante se andiamo a effettuare il medesimo confronto fra i dati dei ricavi del resto della Seria A in combinazione con la media degli spettatori paganti e quelli della Juventus.
La Roma, ad esempio, ha incassato dai matchday, nel 2023/2024, circa 50 milioni di euro, quindi oltre 10 milioni in menu della Juventus, che diventano 30 milioni calcolando hotel e museo, a fronte di 62.000 spettatori di media a partita all’Olimpico, quindi quasi il 60% in più rispetto alla Juventus.
Anche il Napoli e la Lazio sono per media spettatori più in alto della Juventus, rispettivamente 46.000 e 44.000 tifosi a partita, ha nella classifica dei ricavi da matchday sono rispettivamente a 38 e 18 milioni, a distanza abissale dunque dalla Vecchia Signora.
L’analisi va nella stessa direzione misurando guardando anche all’Udinese, altra società di serie A che è decima per ricavi da stadio, 8 milioni, nonostante sia invece dodicesima per spettatori medi, circa 20.000. Bologna e Torino, ad esempio, nonostante abbiano rispettivamente una media di 26.000 e 23.000 spettatori a partita, incassano 6.4 e 4.5 milioni euro dai matchday, un altro elemento che chiarisce in maniera evidente cosa significhi poter contare su uno stadio di proprietà, anche senza avere il blasone di una grande squadra come la Juventus.
La differenza, insomma, la fa la varietà dell’offerta. Allo Juventus Stadium i tifosi possono parcheggiare a 15 euro di fronte allo stadio, e possono poi scegliere fra otto ristoranti e venti bar, mentre a San Siro da mangiare, dentro lo stadio, c’è solo l’hot dog venduto agli stand di birra e bevande, mentre andare in macchina al Meazza è una vera impresa apocalittica che difficilmente un conoscitore della Scala del calcio consiglierebbe.
I ricavi degli stadi nei campionati top di Spagna, Germania, Inghilterra e Francia
A partire da questi elementi non è allora poi difficile capire perché l’Italia è in fondo, fra le cinque leghe top in Europa, quando si tratta di ricavi da matchday allo stadio. Secondo i dati del report UEFA pubblicato alla fine del 2023, European Club Finance and Investment Landscape, in testa a ricavare più soldi il giorno delle partite dalla sola vendita dei biglietti, escluso quindi tutto l’indotto correlato (e quindi merchandising, ristorazione, hospitality, business ecc…) c’è la Premier League, con 894 milioni di euro a stagione (14% dei ricavi complessivi del campionato inglese), seguita dalla Spagna, con 432 milioni (13% del totale), quindi dalla Francia, 355 milioni (18% del totale), dalla Germania, con 301 milioni (9% del totale), e infine, appunto, dall’Italia, che incassa dagli stadi appena 218 milioni (9% dei ricavi totali) vale a dire non solo a distanza siderale dal calcio inglese, con cui obiettivamente è difficile confrontarsi, ma anche la metà di quello spagnolo.
Questo succede nonostante l’Italia sia terza per presenze allo stadio, davanti a Spagna e Francia e dietro Inghilterra e Germania (che incassa meno allo stadio in quanto ha prezzi dei biglietti calmierati, ma che ha revenues commerciali oltre il doppio di quelle italiane, che superano il miliardo di euro a stagione): stadi di proprietà, stadi migliori e più avanzati, non solo permettono di generare introiti collaterali più alti (ristoranti, bar, tour, hotel, hospitality, parcheggi, eventi corporate e via dicendo), ma anche di aumentare il prezzo dei biglietti.
È difficile, insomma, chiedere più di 25 euro, come prezzo base, per l’accesso a una struttura che oltre alla partita non offre praticamente nulla e che anzi, sotto diversi punti di vista (accesso, servizi, ristorazione), mette a dura prova gli spettatori.
Incassi e ricavi da matchday in Italia: il calcio a confronto con gli altri sport
Nonostante le carenze strutturali sin qui elencate, il calcio rimane comunque lo sport che in Italia, quando si parla di ricavi da matchday, si prende la fetta più ampia. Basti pensare che una sola partita del 2023/2024, Inter – Milan, costituisce, con i suoi 6 milioni e mezzo di euro di biglietti venduti, la metà di tutti gli incassi di un’intera stagione di regular season di Serie A di pallacanestro (13 milioni di euro), lo sport di squadra più vicino al calcio, e addirittura il doppio di quelli della pallavolo, poco oltre i 3 milioni di euro. D’altronde, il calcio muove 11 milioni di spettatori ogni anno, mentre per il basket sono 720.000 e per la pallavolo 350.000.
Il discorso è invece un po’ più bilanciato quando si parla di tennis. Se prendiamo infatti in considerazione i due tornei più importanti che si giocano oggi in Italia, vale a dire gli Internazionali di Roma, circuito ATP Tour Masters 1000 e WTA 1000, e le ATP Finals di Torino (resteranno in Piemonte almeno fino al 2025, forse fino al 2027) i numeri si fanno molto interessanti.
Il torneo di tennis di Roma nell’ultima edizione, quella tenutasi dal 6 al 19 maggio 2024, ha incassato circa 28,5 milioni di euro dalla vendita dei biglietti, con circa 350.000 spettatori totali. Le finali ATP di Torino invece hanno incassato circa 14.5 milioni, con 175.000 spettatori, cifre che nell’edizione 2024 dovrebbero crescere, e di molto, con l’incasso che dovrebbe andare oltre i 20 milioni e il numero di spettatori che quasi certamente sfonderà quota 200.000.
Serie A | 11 milioni 748 mila | 500 milioni di euro (stima) |
Internazionali d’Italia di tennis e Atp Finals Torino | 350.000 + 200.000 | 28.5 milioni di euro + 20 milioni di euro (stima) |
Gran Premio di Monza | 300.000 | 30 milioni di euro |
Lega Basket Serie A (regular season) | 720.000 | 13 milioni di euro |
Superlega pallavolo (regular season) | 350.000 | 3 milioni di euro |
In proporzione, considerando quindi il numero di spettatori, i biglietti venduti e il lasso temporale di svolgimento dell’evento, il tennis è fra gli sport più importanti in Italia, dopo il calcio, per ricavi da matchday.
Notevole è anche l’esposizione della formula 1, con il gran Premio di Monza che in un singolo fine settimana stacca 300.000 biglietti, con incassi che sfiorano i 30 milioni di euro per i biglietti, cui aggiungere inoltre 10 milioni di merchandising.
Il business delle curve
In chiusura di questa analisi vale la pena tornare all’inizio, a cioè a dire agli affari criminali dei capi di alcune tifoserie ultras di Inter e Milan e a come si siano innestati dentro gli eventi sportivi. Ci torniamo in fondo a questo pezzo perché, esattamente come in qualsiasi altro contesto, la proliferazione dell’illegalità emerge sempre in quadri di disordine, di arretratezza, di mancato sviluppo, tre caratteristiche riassuntive dello stato degli impianti sportivi in Italia.
La rete consolidata di attività criminali di alcuni supposti tifosi delle squadre milanesi nasce proprio, o almeno in parte, dal far west di fatiscenza in cui versa lo stadio Meazza di San Siro. Non solo, in questo modo, si regala la possibilità a veri e propri gruppi criminali di impossessarsi di business correlati agli eventi sportivi, ma si sottrae anche un indotto importante alle società di calcio, peraltro abbassandone l’appetibilità in quanto a branding.
Secondo le carte della maxi-inchiesta della procura di Milano, il racket prevedeva 4000 euro di compensi, a partita, dai gestori dei parcheggi, un’estorsione valutata da 12 ai 36 mila euro a partita per i gestori dei bar interni allo stadio, vendita di abbonamenti per partite singole, maggiorazioni stellari su biglietti acquistati a prezzo di costo e accessi senza ticket con la complicità degli steward per un giro d’affari stimato in oltre 250.000 euro a stagione.
In totale, si parla di oltre 1 milione di euro di movimenti finanziari dal 2020 a oggi, senza considerare gli inevitabili spostamenti di denaro non tracciati (visto che gran parte di queste transazioni si svolgono in contanti). Sono elementi che in queste settimane hanno spostato l’attenzione su alcune frange delle tifoserie di Inter e, in parte minore, Milan, ma che, a differenti livelli, riguardano anche molte altre curve ultras d’Italia e che possono essere in qualche modo tenuti maggiormente sotto controllo soltanto con un miglioramento sostanziale degli impianti sportivi più degradati d’Europa.
di Mauro Mondello, 25. ottobre 2024
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