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Fitet ~ Paralimpiadi. Il DT Alessandro Arcigli, a una settimana dalla partenza per Tokyo

Nazionale paralimpica a Lignano Sabbiadoro in preparazione a Tokyio 2020Il direttore tecnico Alessandro Arcigli si prepara a guidare un’altra spedizione ai massimi livelli internazionali, da quando, nel 2005, ha assunto la responsabilità della Nazionale paralimpica. A una settimana dalla partenza del 18 agosto per le Paralimpiadi di Tokyo 2020, che saranno inaugurate martedì 24 agosto e andranno avanti fino alla chiusura di domenica 5 settembre, con 22 sport in gara, lo abbiamo raggiunto per farci raccontare cosa ci sia dietro un movimento pongistico che è diventato un fiore all’occhiello del panorama italiano.

«Nello sport, e soprattutto nello sport paralimpico, – spiega Arcigli – dietro ogni atleta c’è un percorso e un lavoro che coinvolge una comunità, grande o piccola che sia. Sono certo che anche a Tokyo le gesta dei nostri atleti sapranno non solo entusiasmarci ma, soprattutto, si riveleranno un volano determinante per quell’azione di reclutamento che la Federazione Italiana Tennistavolo effettua in maniera sempre più capillare, per diffondere l’offerta di sport a favore di molte persone con disabilità. Una rete di persone, competenze e valori, che consente ai campioni di esprimersi al meglio e di ottenere grandi risultati».

Alessandro, con quali aspirazioni andrete in Giappone?

«Sappiamo di avere una grande squadra, che può regalarci molte gioie e soddisfazioni. Ma prenderemo parte a questi Giochi anche per continuare ad alimentare quella rivoluzione culturale che sta contribuendo a cambiare la percezione della disabilità nel nostro Paese. A Tokyo saranno in 7 gli atleti paralimpici della FITeT (Giada Rossi, Michela Brunelli, Federico Falco, Andrea Borgato, Matteo Orsi, Matteo Parenzan e Amine Kalem), con un’età media di 10 anni inferiore a Rio 2016, e a chi dice che nella vita la quantità non sia per forza indice di qualità rispondo che nello sport se hai qualche freccia in più non è per niente male ed è meglio essere in molti che in pochi».

Che sapore hanno questi giorni che precedono la partenza per Tokyo?

«Un gusto agrodolce. È infatti una gioia e una soddisfazione per gli atleti qualificati all’evento sportivo più importante al quale si possa aspirare, nel contempo, però, si viene travolti dal sentimento di amarezza per gli esclusi dalla rappresentativa, per coloro che avrebbero ampiamente meritato di vestire la maglia azzurra ai Giochi. Mi riferisco ai tre componenti della nostra rosa che, nonostante gli sforzi, non sono riusciti a qualificarsi».

Parliamone.

«Lorenzo Cordua, in classe 10, gareggia contro atleti il cui livello attuale di concorrenzialità è talmente elevato da aver reso praticamente impossibile la conquista del pass. Federico Crosara è arrivato a un passo dal coronare il sogno, disputando uno splendido torneo di qualificazione a Lasko, nel quale ha perso in finale una partita tiratissima conclusa alla “bella”, dopo aver avuto parecchie chance di portare a casa il terzo set, che sarebbe stato decisivo. Carlotta Ragazzini non ha avuto la possibilità di giocarsi le sue carte a Lasko, a causa di un lungo e fastidioso problema fisico, che si è risolto proprio in questi giorni e che l’ha vista tornare, dopo 6 mesi, agli allenamenti “Road to Paris”».

I loro tre casi rientrano nella legge dello sport.

«È vero e sarà nostro compito cercare di trovare altri stimoli per sostenere gli atleti che rimangono a casa. Quando si vivono questi due sentimenti contrastanti si ha però la certezza che sia stato fatto un buon lavoro, in primis dagli atleti e dalle società affiliate, che è stato assecondato da un professionale impegno profuso da un grande staff tecnico federale e societario, capace di motivare e preparare  i pongisti fino all’ultimo, rendendoli consapevoli delle scelte tecniche e tattiche fatte e della loro ratio, in modo da non perdere il senso del loro percorso di crescita».

Anche questo fa parte del concetto di famiglia, così sentito al vostro interno?

«Sono convinto che la miscela della serietà del lavoro, unito al forte senso di responsabilità, solidarietà e reciproco sostegno facciano sì che la voglia di crescere, non solo tecnicamente, ma soprattutto umanamente, continui a essere determinante per il conseguimento dei risultati auspicati. È proprio con questa speranza e con questa certezza che saliamo sull’aereo che ci porterà a Tokyo, fieri di rappresentare la bandiera italiana che il Presidente Mattarella ci ha consegnato, con grande senso di gratitudine verso tutti coloro che hanno contribuito al raggiungimento di questo traguardo».

Chi desideri, dunque, ringraziare?

«Le società di appartenenza di ogni singolo atleta (Bentegodi Verona, Radiosa Palermo, Tennistavolo Castelgoffredo, Tennistavolo Savona, Kras Sgonico, Tennistavolo Romagnano e Lo Sport è Vita Onlus Imola) nonché gli allenatori e sparring che hanno curato la preparazione assieme a me e, primo tra tutti, il tecnico federale Donato Gallo. Oltre a Lui Massimo Pischiutti e Vladislav Sorbalo, che da anni e a tempo pieno si sono dedicati all’attività di sparring e non solo, dando un pieno e continuo supporto. E poi, per la professionalità e la disponibilita, l’infermiere Mauro Bianchin e la fisioterapista Elisa Quaglia, e coloro che, negli ultimi tempi si sono alternati per brevi periodi negli allenamenti al tavolo: Marco Dal Fabbro, Luca Bressan, Romualdo Manna ed Erik Paulin. Naturalmente non ho finito».

E dunque?

«Ringrazio, inoltre e specialmente, il presidente federale Renato Di Napoli e il Consiglio Federale, che hanno creduto in questi atleti e in questo modo di lavorare. Lo staff della FITeT, con il segretario generale Giuseppe Marino, il responsabile del settore paralimpico Luca Rizzoli e i suoi collaboratori Alessia Bertini e Giuseppe Vella, che hanno contribuito a far sì che tutto sia andato per il meglio. Impossibile dimenticare il fondamentale ruolo del Comitato Italiano Paralimpico, del presidente Luca Pancalli e di tutti coloro che fanno parte della Preparazione Paralimpica, Angelica Mastrodomenico, Federica Pacini, Maria Marinopiccoli, Cosimo Bianchi e Maria Cristina Barboni».

Che dire delle collaborazioni con professionisti di calibro, ognuno nel proprio settore?

«In quest’ambito sono grato al Dott. Rino Monetta, ad Andrea Turrina della Eom (scuola di Osteopatia), a Claudio Barbieri dell’Animus, con il quale abbiamo personalizzato i telai di ben 5 dei 7 atleti qualificati, e a Marco Galante della ditta Tarta, che ha studiato e predisposto nei minimi particolari gli schienali delle carrozzine da gioco di Orsi, Rossi e Brunelli. Ultimo, ma non per importanza, è il riconoscimento alla professionalità di Federico Delaini, amministratore delegato del Bella Italia Village di Lignano Sabbiadoro, che ci ha ospitati come persone di famiglia e nella massima serenità possibile. In questo modo ha permesso a noi tecnici e sparring e a tutti i pongisti di sentirsi “a casa” e di portare avanti il “lavoro” in condizioni invidiabili. Chiudo con il ringraziamento per me più importante, quello a mia moglie Silvana. Sono conscio che poter contare non solo sulla comprensione, ma anche sulla piena condivisione familiare di scelte e obiettivi, mi ha consentito di operare nel migliore dei modi per raggiungere gli obiettivi prefissati».

Veniamo a ciò che vi attenderà, una volta arrivati a Tokyo?

«Tracciamento continuo e difficoltà nel muoversi. Non si può sgarrare “nemmeno di 5 metri”: il rischio è che i giapponesi ritirino gli accrediti ed è necessario  richiamare tutti alla massima attenzione. Tutti coloro che entreranno in Giappone dovranno seguire complesse regole: sottoporsi a test, prima di uscire di casa e dopo l’arrivo. Tutti dovranno accettare che la propria posizione venga continuamente monitorata tramite GPS, scaricare diverse app, firmare un impegno a seguire le regole e mantenere il distanziamento sociale. Sarà vietato usare mezzi pubblici per i primi 14 giorni e bisognerà tenere informati gli organizzatori in merito alla propria posizione. Gli atleti verranno scortati e non potranno allontanarsi dal Villaggio Paralimpico, dovranno consumare i pasti da soli e non in gruppo. È stato chiesto, ma senza obbligo, che chi partecipa all’evento venga sottoposto a vaccinazione  (l’80 % dei partecipanti si prevede sia già vaccinato), inoltre il Giappone richiede ai partecipanti un’assicurazione sanitaria. Si parla di sanzioni che vanno dall’avvertimento al ritiro dell’accredito, all’espulsione temporanea e all’espulsione permanente dalla Paralimpiade».

Nella foto, da sinistra in piedi il direttore tecnico Alessandro Arcigli, lo sparring/tecnico Massimo Pischiutti, il tecnico Donato Gallo, Matteo Parenzan e Amine Kalem, in carrozzina Federico Falco, Matteo Orsi e Andrea Borgato e davanti Giada Rossi e Michela Brunelli