Carlo Pellegatti: l’Italia rischia il Mondiale, troppo scarso il livello dei calciatori. Gattuso potrebbe essere l’uomo giusto
Carlo Pellegatti, noto giornalista e telecronista sportivo, ha rilasciato alcune dichiarazioni sulla situazione della Nazionale e del calcio italiano in generale, rintracciando le cause e i possibili rimedi di una crisi che sembra inarrestabile.
Ecco cosa ha detto nell’intervista a scommesse.io
Il rischio esiste, ed è un grande rischio. Quello che l’Italia, con quattro stelle sulla maglia, l’Italia da sempre un movimento fra i più importanti nel calcio internazionale, per la terza volta consecutiva non partecipi al Mondiale americano del 2026, condannata, dopo la pesante sconfitta contro la Norvegia, a un sempre rischioso play-off. Negli ultimi quindici anni, salvo le belle quanto illusorie parentesi del 2016 (in panchina Antonio Conte, eliminazione ai quarti di finale dell’Europeo solo dopo i calci di rigore) e la vittoria, sempre all’Europeo, con Roberto Mancini nel 2021, le atroci e spesso sorprendenti delusioni hanno superato le rare gioie.
Quando nasce la crisi
Prima di capire quali siano le cause di questa crisi della Nazionale, e quindi del calcio italiano, un breve cenno a questi ultimi tre lustri dell’Italia azzurra. Nel 2010 veniamo eliminati al primo turno del Mondiale sudafricano, dopo la sconfitta contro la Slovacchia. In panchina il campione del mondo Marcello Lippi. Quattro anni dopo, stessa sorte con Cesare Prandelli, che non passa il primo turno, battuti dall’Uruguay.
Come detto, nell’edizione del 2018, alla guida Gian Piero Ventura, sconfitta nello spareggio contro la Svezia, e nel 2022, battuti nel play-off dalla Macedonia del Nord, Roberto Mancini in panchina, la Nazionale non partecipa. Per la prima volta nella storia, dunque, due edizioni consecutive senza Italia al Mondiale. Né l’ultima partecipazione all’Europeo ci ha visti protagonisti, eliminati agli ottavi dalla Svizzera.
Le cause
Abbiamo sempre indicato i nomi degli allenatori, protagonisti sulle panchine in Italia e all’estero, tecnici di diversa provenienza tattica, di differenti cognizioni calcistiche, proprio per cominciare a eliminare un fattore che avrebbe potuto spiegare i motivi di questi continui fallimenti. Non è dunque una questione di allenatori, che avranno certo commesso degli errori, ma non appaiono i principali colpevoli di questa orrenda situazione.
La causa principale non sembra di difficile individuazione. Il livello dei protagonisti del calcio italiano, cioè i giocatori, è calato paurosamente. Oggi, ieri e l’altro ieri i fuoriclasse latitano, mancano i campioni sia sul piano tecnico che della personalità. La vittoria dell’Europeo 2021 appare un “rimbalzo del gatto morto”, come si dice in gergo borsistico. Un successo figlio di un’improvvisa alchimia che ha visto protagonisti vecchi giocatori al melodico canto del cigno o nuovi protagonisti che non si sono ripetuti.
Qualcuno potrebbe trovare, come motivo di questo regresso della qualità media dei calciatori italiani, il lavoro dei settori giovanili, dove devono nascere e formarsi i giovani talenti e i futuri campioni. Una ragione che cozza con i risultati delle Nazionali Under, sempre protagoniste nelle manifestazioni continentali e mondiali. Il problema, dunque, sta proprio nel passaggio dai 19/20 anni al salto nelle squadre maggiori. Un salto spesso nel vuoto. Figlio del troppo alto numero di stranieri in Serie A che impediscono la crescita dei ragazzi, sempre meno impiegati? A causa dell’improvvisa mancanza di fame, che li porta a considerarsi già arrivati, condizionati dal successo e dal denaro, che tolgono stimoli e motivazioni?
Possono essere certo ragioni valide. Sulla prima, però, serve una puntualizzazione. L’alto numero di giocatori stranieri dipende anche dal costo dei giocatori italiani. Il rapporto costo-qualità del nostro mercato non è proporzionato. Con la stessa cifra chiesta da un nostro club per un suo giocatore italiano si comprano eccellenti giocatori esteri, addirittura campioni affermati in campo internazionale. I 30 o 40 milioni per calciatori che magari non si sono mai affacciati sui grandi palcoscenici appaiono esagerati. Facile dunque la giusta tentazione di rivolgersi al mercato estero, con l’ovvia difficoltà dei nostri talenti di emergere. Mentre la Nazionale è in crisi, non accade comunque ai club, sempre protagonisti nelle coppe (Inter due volte in finale di Champions League) in tre anni, ma con squadre formate da pochi italiani. Sarà un caso? Non lo crediamo!
I rimedi
Dopo l’assoluzione ai “Maestri”, gli allenatori della Nazionale, dopo la condanna al sistema che non permette agli italiani di crescere, vediamo quale potrebbe essere il rimedio intanto per il calcio italiano e la Nazionale. Oggi incredibilmente – quanto giustamente – sorpassata come credibilità e popolarità da altri sport, uno su tutti il tennis. Proprio Sinner, Musetti, Berrettini, Errani e Paolini devono essere il chiaro esempio di come deve essere interpretato lo sport: sacrificio, cura dei dettagli, forza di volontà, senza mai apparire paghi del risultato conseguito.
Oggi spesso il “mestiere” di calciatore vede, nei protagonisti, un approccio da impiegato che timbra il cartellino. Dopo due ore di torello, tiri, esercitazioni tattiche e partitella, prendono il loro SUV da duecentomila euro, escono, qualche autografo e via. Sono molto rari i giocatori che si fermano a migliorare la tecnica, a provare i calci da fermo, nel tentativo di diventare ancora più bravi e completi. Quindi è una questione di educazione, che parte proprio dagli insegnanti, cioè gli allenatori di club, che devono essere bravi non solo in panchina, ma soprattutto in tuta durante la settimana.
Gattuso
In questo senso, se dovesse essere scelto Rino Gattuso come futuro tecnico della Nazionale, appare proprio la figura ideale. Sembra chiaro che l’allenatore giochista abbia un compito molto difficile, visti i pochi giorni di preparazione a disposizione. Contano altri fattori, altri valori, come l’attaccamento alla maglia, la voglia di dare tutto in campo, il desiderio – come detto – di affinare le proprie qualità. Tutte doti che hanno visto nell’ex centrocampista del Milan uno dei più grandi esempi del calcio moderno. Una soluzione che pare perfetta!