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Xavier Jacobelli: “La Juve paga ancora l’addio a Marotta. Tudor? Solo l’ultimo capro espiatorio

L’ennesima crisi in casa Juventus, culminata con il licenziamento di Tudor, dimostra la fragilità di una società ormai copia sbiadita del club più titolato d’Italia. Ne parla Xavier Jacobelli, ex direttore di Tuttosport e Corriere dello Sport-Stadio, in un’intervista rilasciata a scommesse.io.

Dove affonda le radici la nuova crisi della Juve?

Premessa fondamentale: la crisi non è soltanto tecnica, legata ai 5 pareggi consecutivi che hanno preceduto le 3 sconfitte di fila incassate fra campionato e Champions. Non è soltanto questione di primati negativi eguagliati (8 partite senza vittoria, come quindici anni fa; 4 partite senza segnare un gol, come 34 anni fa). Per non dire degli allenatori presi e sistematicamente esonerati: Sarri, che firmò l’ultimo scudetto nel 2020 e venne subito licenziato; Pirlo, che pure vinse la Supercoppa di Lega e la Coppa Italia, ma fu giubilato nel 2021; Allegri , l’uomo dei 12 trofei del suo primo ciclo, silurato il 17 maggio 2024 dopo avere conquistato la Coppa Italia; Thiago Motta che ha resistito 29 giornate; Tudor che ne ha preso il posto e adesso è stato cacciato. È troppo facile prendersela con Igor, additato come unico capro espiatorio, lui che in giugno era stato confermato con un contratto biennale quale ricompensa per avere centrato la qualificazione alla Champions League. Ripeto: la nuova crisi non è soltanto tecnica e c’è una data che bisogna ricordare per capire quando tutto questo è cominciato.

Qual è questa data?

Il 25 ottobre 2018, il giorno in cui la Juve ha sciaguratamente messo alla porta Beppe Marotta che aveva avuto il torto di opporsi all’operazione Ronaldo, non certo per il valore del fuoriclasse (102 gol in 3 anni), ma per i costi esorbitanti che il suo ingaggio comportava e, di riflesso, le pesantissime conseguenze sui conti del club. Senza Marotta, il diluvio. Per ricordare che cosa avesse fatto negli anni juventini, quali risultati avesse ottenuto, basta citare testualmente il comunicato ufficiale pubblicato sul sito societario: “Con Marotta, la Juventus non è solo tornata a vincere 7 scudetti consecutivi, 4 Coppe Italia una dietro l’altra, 3 Supercoppe Italiane, ma ha ritrovato una caratura internazionale, testimoniata dalle due Finali di Champions League raggiunte nel giro di tre anni, che la pone ormai ai vertici del calcio europeo . I successi sportivi sono solo l’aspetto più esaltante dell’evoluzione vissuta dalla società: l’inaugurazione dell’Allianz Stadium nel 2011, la nuova identità varato lo scorso anno, la nascita delle Juventus Women, anch’esse subito vincenti, dell’Under 23 sono solo alcuni dei passi compiuti per regalare al club una dimensione sempre più globale. E in ognuno di questi Marotta ha lasciato un’impronta indelebile. Così come indelebili saranno gli insegnamenti appresi da chiunque abbia lavorato al suo fianco. «Sono stati otto anni molto belli, coronati da successi e la Juventus rimarrà sempre nel mio cuore», ha dichiarato proprio poche settimane fa. Allo stesso modo, il suo nome rimarrà per sempre nella storia del Club.

Soltanto 54 giorni dopo il brusco addio alla Juve, Marotta divenne l’amministratore delegato dell’area sportiva dell’Inter di Suning. Era il 13 dicembre 2018. Quali risultati ha raggiunto in questi sette anni milanesi?

Definirli strepitosi è riduttivo. Mentre la Juve si avvitava in un loop sempre più disarmante, Marotta ha risanato il bilancio dell’Inter, gestendo anche il delicatissimo passaggio da Zhang a Oaktree che l’ha voluto presidente. Di più. Quest’anno per la prima volta, l’Inter ha chiuso l’ultimo esercizio con un utile di 35,4 milioni e un fatturato record di 576 milioni grazie ai risultati della squadra coniugati al massiccio sviluppo commerciale e del marketing. Nella bacheca di Viale della Liberazione, Marotta ha allineato 2 scudetti, 2 Coppe Italia, 3 Supercoppe di Lega; durante la sua gestione, i nerazzurri hanno disputato una finale di Europa League, nel 2020 e due finali di Champions, nel 2023 e nel 2025.

E la Juve, invece?

Del tourbillon allenatori abbiamo detto. L’hanno scandito i ribaltoni dirigenziali: l’azzeramento del Cda, deciso da Elkann il 28 novembre 2022 dimissionando il cugino Andrea Agnelli, il presidente dei 9 scudetti consecutivi; nonché Pavel Nedved e Maurizio Arrivabene; il nuovo governo tecnico con avvocati e commercialisti chiamati a fronteggiare la bufera delle inchieste della giustizia sportiva e ordinaria; l’addio ad Allegri, l’ultimo giapponese di Agnelli; l’arrivo di Giuntoli che porta Motta; la faraonica campagna acquisti dell’estate 2024, sublimata dai 60 milioni spesi per Koopmeiners, ma non soltanto quelli; il licenziamento di Giuntoli e l’arrivo di Comolli, inizialmente come direttore generale e supervisore del mercato, ma in novembre diventerà anche l’amministratore delegato, investito di pieni poteri. In generale, un continuo, incessante viaggio sulle montagne russe, con scossoni ripetuti alla società e alla squadra: una cosa mai vista nei 128 anni di storia che si compiranno il 1° novembre. Credo proprio che lassù, sia gli studenti del liceo classico Massimo D’Azeglio, padri fondatori sia l’Avvocato, il Dottore e Boniperti non abbiano più parole di fronte a questo strazio.

Ha parlato del faraonico mercato 2024. Ma anche nel 2025 la Juve non ha scherzato…

Magari avesse scherzato, evitando di spendere e spandere per ritrovarsi in questa situazione dopo investimenti per quasi 300 milioni di euro, secondo i calcoli per difetto eseguiti dai siti specializzati. Da Koopmeiners a Douglas Luiz, Nico Gonzalez, Weah, Thiago Djalò per arrivare a David, Openda, Zhegrova, Joao Mario. Nessuno ha inciso, nessuno è stato capace di diventare un leader e l’unico che c’è, Bremer, purtroppo si è infortunato di nuovo, dopo l’anno di assenza forzata che si era lasciato alle spalle. Fra le cessioni dolorose, come non citare Deam Huijsen, 20 anni, nazionale spagnolo, venduto al Bournemouth per 17 milioni, bonus compreso e rivenduto dagli inglesi al Real per 60 milioni. C’è poi la questione Vlahovic: nel gennaio 2022, il suo acquisto coronò un’operazione da 91,6 milioni compresi i bonus e i “contributi di solidarietà e gli oneri accessori”. L’accordo liberamente stipulato prevedeva un ingaggio a salire: dal 1° luglio scorso, comporta un onere di 12 milioni netti per l’intera, presumibilmente ultima stagione del nazionale serbo che dal 1° gennaio sarà libero di trovarsi un’altra squadra a parametro zero. Capite perché è troppo facile additare Tudor come unico responsabile della crisi? Per sua stessa ammissione, i giocatori mica li ha scelti lui.

E adesso? A chi affidare la Juve?

Brambilla regge l’interim perché c’è l’Udinese dietro l’angolo. Spalletti è in pole, a ruota Mancini e Palladino. Ieri sera, a Napoli, Buffon si è pronunciato in maniera molto netta per l’ex ct: “Per lui sarebbe una scelta professionale più che giusta. Luciano è un uomo di calcio, di campo, una grandissima persona e un grandissimo allenatore. Spalletti è l’uomo migliore che ci possa essere sulla piazza per esperienza, carisma e autorevolezza. È la persona giusta per piazze ambiziose” .Un cosa è certa: Comolli, cioè Elkann, stavolta non possono più sbagliare rivoluzione. Diceva il grande Luciano De Crescenzo: “La vita potrebbe essere divisa in tre fasi: rivoluzione, riflessione e televisione. Si comincia con il voler cambiare il mondo e si finisce col cambiare i canali”. Parafrasando, si potrebbe affermare che il Signor Exor voleva cambiare il mondo Juve e ha finito per cambiare gli allenatori. Ma il troppo stroppia.

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