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MORTE DIEGO – IL RICORDO | Maurizio De Giovanni scrittore: ” Non è vero. Non ci credete, vi prego”

Maurizio de Giovanni (Napoli31 marzo 1958) è uno scrittoresceneggiatore e drammaturgo italiano, così  scrive per ricordare MARADONA

 

Non è vero.

Non ci credete, vi prego.

È una notizia falsa, una di quelle maledette fake che inquinano la percezione della realtà, e conducono in un territorio che è pura follia. Non credete a questa cosa.

Anche in un anno maledetto che si è portato via centinaia di migliaia di persone, che ci ha privati del sorriso di Gigi Proiettidella simpatia di Franca Valeri, dei sogni di Luis Sepulveda del fascino di Sean Connery, è assolutamente impossibile che sia accaduto anche questo.

Accettare tale notizia significherebbe credere che il grande ribelle, l’uomo che seppe inventare daccapo un gioco che si credeva completo, il vincitore nella terra dove non si è vinto mai possa cadere, sia mortale, abbia un corpo martoriato da una vita così intensa da valerne dieci o cento tanto da chiudere gli occhi e da smettere di respirare.

Impossibile.

Perché stiamo parlando di una persona che da sola, in maglietta e calzoncini, seppe ispirare una rivoluzione che abbatté i consolidati palazzi del potere, uno sberleffo in faccia a chi credeva che mai e poi mai sarebbe successo che in uno sport di squadra uno da solo, senza nemmeno un fisico bestiale o le sembianze di un supereroe, fosse capace di portare alla vittoria sgangherate armate altrimenti senza speranza.

Come credete possa morire, uno così? Uno che sotto gli occhi del mondo intero ripagò un nemico di una guerra di terra e di mare, per combattere il quale erano morti tanti ragazzi argentini, alzando una mano compensativa della differenza di altezza del portiere e avendo poi la furba intelligenza di riferire alla «mano de Dios» quell’invenzione. Uno che D10s venne chiamato da allora, giocando sul numero di maglia e sulla divinità del suo gioco, come pensate che possa cedere a un misero grumo di sangue in testa? Uno che legittimò quel gesto pochi minuti dopo, facendo ingoiare le recriminazioni ai soloni brontolanti coi dodici tocchi del gol più bello della storia del calcio, come pensate possa chiudere gli occhi?

Non è possibile lasciarlo andare. Perché un cuore così grande da contenere tutti i bambini del mondo, da rotolarsi nel fango in un’amichevole al culmine della propria gloria, sfidando la sorte e gli infortuni, per trovare i soldi per operarne uno gravemente malato, non si fermerà mai e continuerà a battere nei sogni di ogni innamorato del pallone, perché del pallone è l’essenza stessa.

È una notizia falsa. Perché l’uomo che è il cittadino più illustre di una città nella quale solo per caso non è nato non può non tornarci, per essere ancora abbracciato e per ricevere l’amore e i sorrisi anche di quelli che sono nati dopo e che non lo hanno visto disegnare poesia sull’erba, e poi non tacere le proprie scomode opinioni per tutto il resto della vita, pane al pane, essendo sempre generoso oltre il limite dell’autolesionismo. Non può non tornare nella città che gli giustifica qualsiasi eccesso in nome di un amore immenso, che è un decimo della gratitudine che essa deve a un uomo che ha insegnato che si può vincere essendo se stessi, difetti e ferite inclusi, perché mai è esistita e mai esisterà un’imperfezione così meravigliosa e gigantesca. Perciò per favore, non credete a questa assurda notizia.

Noi aspettiamo di vederlo tornare, più ribaldo e onesto che mai.

L’amore, sapete, non muore. Mai.