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MEMORY. A tutto Papis: “Ecco il Messina di Scoglio”

Erano gli anni del formidabile Messina di Franco Scoglio, delle palle inattive e dei “Celeste” inespugnabile e colmo sino all’inverosimile. Con la maglia numero 3, dopo un primo anno stentato, giocava un ragazzo che saltava gli avversari come birilli che difendeva come un bulldozer e che segnava in sforbiciata contro il Cesena:Attilio Papis.

La sua favola e, presumibilmente, quella del Messina si interruppe a Cagliari per un grave infortunio.

Oggi Papis fa da spola tra la Svizzera e la sua residenza lombarda, quattro anni fa ha superato un ostacolo più grande battendo un infarto e si diletta ad allenare con successo nel settore dilettantistico.

Attilio Papis

Attilio, hai giocato a Messina per due anni ottenendo una promozione storica in B e una sfiorata per la serie A. Che ricordi porti di quel biennio?

Il primo anno sono stato molto presuntuoso e mi sono scontrato con il Professore. Arrivai da società come Empoli e Varese che giocavano nella serie cadetta. Non mi allenavo come dovevo. Gli allenamenti di mister Scoglio erano pesanti e la sera piangevo per il dolore. Un giorno chiesi a mister Scoglio di essere ceduto. La sua risposta fu perentoria: ” tu stai rubando lo stipendio alla mia gente, rimani al tuo posto e soffri!”.  Aveva ragione lui.

Hai avuto mister Scoglio come maestro, cosa ti ha insegnato?

Da lui ho imparato tanto, tutto. Il professore era un grande studioso di calcio. Tutto quello che diceva si avverava. Il calcio di oggi, lui lo metteva in atto quarant’anni fa. Il 3-5-2 con gli esterni che facevano la diagonale, fu istituito da Scoglio e Sonetti. Tutti gli allenatori venivano a chiedere di questo modulo e delle palle inattive. Non riuscivano a capacitarsi.

Scoglio, non solo era un grande allenatore, ma era preparatore atletico e psicologo. Il secondo anno della mia permanenza in maglia biancoscudata, ricordo che durante una seduta d’allenamento disse:” vedete Papis? Dovete fare come lui! Grazie a me che lo scorso anno l’ho distrutto, adesso è diventato fondamentale e insostituibile”.

Durante questo racconto, Attilio scoppia a ridere…

Come ti sei ripreso il tuo posto da titolare in squadra?

La ruota girò ad Arezzo, durante una partita di Coppa Italia. Mister Scoglio sostituì Mancuso che al momento dell’avvicendamento alzò in segno di dissenso la mano. Negli spogliatoi il professore chiamò Mancuso e gli disse:” la nebbia del Nord, ti ha fatto dimenticare il sole del Sud”.

Quegli anni furono indimenticabili, chi rammenti con piacere?

Ciccio Curro’, i giornalisti Mino Licordari e Ciccio Manzo, il dottore Ricciardi e poi i compagni di squadra Bellopede, Romolo Rossi, Catalano, Vendittelli, Diodicibus, Schillaci.

Nel mio cuore è rimasto anche un club che non so se c’è ancora, si chiamava Cumia paese dei fiori. Invitarono me e Schillaci per l’inaugurazione e il presidente: Pietro Curro’ fu magnifico. Ricordo con grande piacere e un pizzico di commozione la sua lettera dopo il mio infortunio a Cagliari. Tutt’ora la conservo e ogni tanto la leggo. Tutti i clubs erano formidabili.

All’infortunio di Cagliari arriveremo fra poco. Hai menzionato gli allenamenti, come si svolgevano?

Franco Scoglio

Erano tutti minuziosi e non si poteva sbagliare. Arrivavamo alle sedute già concentrati. A tal proposito ricordo il giorno dell’arrivo di Schillaci con la sua nuova Volvo, stava attento a non centrare il grande cancello d’ingresso dello stadio e tutti ridevano. Sugli spalti a seguire gli allenamenti c’erano moltissimi tifosi. Una cosa incredibile.

Per l’attacco, Scoglio faceva alcuni schemi e lasciava fuori Schillaci per fargli vedere Diodicibus che faceva determinati movimenti. La cura della tattica. Schillaci diceva: sì, sì mister, tanto non ne capisco un c…. Toto’ era un istintivo, un grande campione che, se fosse nato al Nord avrebbe giocato almeno sei anni prima nel calcio che conta.

Ma di Scoglio voglio aggiungere un’altra chicca. Stavamo giocando contro il Cosenza e mancavano pochi minuti alla fine della partita. Io sedevo in panchina e seguivo tutta la scena. Il professore disse all’attaccante Tusino di entrare in campo e al momento del corner di piazzarsi vicino al palo che, lì sarebbe arrivata la palla. Fu proprio così. Tusino con un colpo di testa scheggio’ la traversa e la palla uscì.

Arriva l’infortunio di Cagliari. In Sardegna si interrompe presumibilmente il sogno di Papis e del Messina. O no?

Devo dire che ero diventato un elemento fondamentale per l’economia della squadra, sia per gli equilibri in mezzo al campo che fuori. I compagni rimasero scossi. Il mister utilizzava sempre i soliti tredici, quattordici calciatori.

Un giorno Scoglio incontrò il mio procuratore Oscar Damiani e gli disse: “non sono salito in A per Papis”.

Cosa accadde dopo l’incidente?

Non mi abbandonò nessuno. I tifosi furono encomiabili e incredibili. Piangevo perché non potevo dare più il mio apporto al Messina dei sogni.

Poi dovetti cambiare completamente stile di vita. Ad aiutarmi furono mio fratello e mia sorella. Cominciai a lavorare con mio fratello in Svizzera nel settore automobilistico, con le concessionarie.

Non hai abbandonato il calcio…

Ho intrapreso la carriera di allenatore mettendo in pratica gli insegnamenti di Scoglio e ho vinto tanto a livello dilettantistico.

Vuoi mandare un saluto ai tifosi messinesi che non ti hanno mai dimenticato?

Non li ho dimenticati neanch’io. Ricordo perfettamente il “Celeste” strapieno per ogni partita. L’entusiasmo della gente. Per me Messina è diventata uno dei posti più belli del mondo e ho in mente con la mia compagna di tornarci e di andare anche a Santa Margherita, dove alloggiavamo.

Ripeto, cari tifosi vi ho sempre nel cuore, Attilio Papis non dimentica.